di Claudia Izzo-
Il nome Cis Alentum -al di qua del fiume Alento- si deve ai Benedettini e compare già nel 994 d. C. ed indica quella zona, ricca di fascino e bellezza che da millenni ha ispirato poeti e cantori, creando stupore, meraviglia. Un luogo, il Cilento, che tra mare e sole, storia e tradizioni racconta di mitologia, avventure ed eroi.
La mitologia greca ci riporta al Cilento e lo fa con il mito di Giasone e di un gruppo di eroi, gli Argonauti.
Giasone, per riconquistare il trono di Iolco, usurpato a suo padre dal fratello di quest’ultimo, Pelia, deve andare, per volere dello zio, nella Colchide, presso il re Eeta, alla conquista del Vello d’Oro, la pelle dell’ariete dorato. Vi riuscirà grazie alla Maga Medea, figlia di Eeta.
Al ritorno dalla conquista del Vello d’Oro, per ringraziare la dea Hera, protettrice della navigazione e della fertilità, costruì un tempio a lei dedicato alla foce del fiume Sele, l’attuale Santuario di Hera Argiva.
Nella religione cristiana, la Dea Hera diviene la Madonna del Granato che riprende i tratti di Hera con il melograno sul palmo della mano. La chiesa della Madonna del granato sorge a pochi chilometri dal tempio di Hera Argiva o Heraion, a Paestum.
E proprio sulle coste del Cilento sbocciano i miti che sono stati al centro di tante letture e studi; è infatti nell’Odissea e nell’Eneide che si narra dell’isola delle sirene; era il canto di queste ultime a far impazzire i naviganti di passaggio fino a farli schiantare con le imbarcazioni sugli scogli.
Innanzi a Punta Licosa, nei pressi di Santa Maria di Castellabate vi è un isoletta che ispirò Omero, Licosa appunto. La Maga Circe mise in guardia Ulisse, non avrebbe dovuto farsi tentare dalle tre sirene, l’isolotto infatti era disseminato di cadaveri in putrefazione. Fu così che Ulisse si fece legare all’albero maestro della nave.
Nessuna di tre sirene conquistò l’eroe e innanzi al desiderio insoddisfatto, per non impazzire, decisero tutte di uccidersi gettandosi dagli scogli. Partenope si abbandonò tra i flutti e arrivò sulla costa della città che sarebbe diventata Napoli; Ligea in Calabria, a Terina, dove oggi sorge Lamezia Terme; Leucosia raggiunse il Golfo di Poseidonia, oggi Paestum. E proprio dalla splendida sirena prende il nome l’isolotto che sorge innanzi a Punta Licosa.
Capo Palinuro, d’altra parte, è caratterizzato da un arco di roccia che si protende a mare e crea una baia, porto naturale per i naviganti. Il suo nome è legato al mitico nocchiero di Enea, Palinuro.
Enea, infatti, prima di arrivare sulle coste del Lazio, passò innanzi a quello che sarebbe diventato Capo Palinuro. Qui, il suo nocchiero Palinuro, per volere di Nettuno, cadde in mare. Nettuno aveva infatti promesso a Venere di proteggere Enea, ma serviva una vittima. Palinuro cadde così in mare insieme al timone, lottò tra i flutti ma una volta sulla riva fu ucciso dagli abitanti del luogo. Il promontorio che dominava la zona prese il suo nome.
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