nfaccia e mure de viche
può lleggere a storia e sta bella città
(dalla canzone Napule di Gigi D’Alessio, Lucio Dalla, Sal Da Vinci, Gino Finizio)
di Luigi D’aniello
Una delle più belle chiese di Napoli, il Gesù Nuovo, o della Trinità Maggiore, situato nella piazza che prende il suo nome, innanzi all’obelisco dell’Immacolata ed alla Chiesa di Santa Chiara, in origine non era una chiesa, ecco il perché della facciata in bugnato quattrocentesco. La struttura, infatti, era il palazzo fatto costruire da Roberto Sanseverino allorché Ferrante d’Aragona, in premio per i servigi resigli, lo nominò grande Almirante del regno e gli donò la città di Salerno, tolta al ribelle Felice Orsini.
Il Sanseverino, divenuto uno dei baroni più potenti del reame, volle costruirsi un’abitazione che non avesse pari nella città e fece costruire il suo palazzo in fondo alla vecchia Spaccanapoli. L’ architetto fu novello da San Lugano.
Quindi l’edificio, sorto come dimora dei Sanseverino, principi di Salerno, terminato nel 1470, non portò molta fortuna a suoi proprietari perché Roberto morì quattro anni dopo e il figlio Antonello, avendo partecipato alla congiura dei Baroni, fu privato di tutti i beni e salvò la propria vita solo perché travestito da mulattiere lasciando la città di notte.
Ma il re di Spagna, per riconquistare l’amicizia dei Sanseverino, che era pur sempre un casato potente, fece restituire il palazzo a Roberto di Sanseverino, figlio di Antonello e gli fece sposare l’unica figlia di suo fratello, il duca di Villahermosa, Marina D’Aragona, dal cui matrimonio nel 1570 nacque Ferrante Sanseverino. Questi, rimasto adolescente orfano del padre, allorché la madre si risposò, per disposizione del re, fu affidato a Bernardo Villamarina, grande Almiramte del regno e a sua moglie Isabella Cardona che all’età di dieci anni gli fecero sposare la loro figlia minore Isabella, sua coetanea.
Poiché Ferrante ed Isabella durante la loro educazione avevano avuto i migliori letterati del tempo, si circondarono di letterati ed ebbero come segretario Bernardo Tasso e nella loro dimora ospitarono Pietro L’Aretino, Antonio Mariconda, Scipione Capece che era autore di poemi latini.
Ma anche il Ferrante alla fine dovette abbandonare il palazzo.
Si racconta che un giorno durante una partita di pilota sorse una discussione tra il marchese Toraldo di Polignano ed il Ferrante; la discussione degenerò ed il marchese offese pesantemente il principe Sanseverino che reagì in malo modo.
Il viceré, venuto a conoscenza dei fatti per evitare il duello fece rinchiudere nel carcere della Vicariò il marchese di Polignano ma il principe di Sanseverino, anziché gioirne, si sentì offeso dall’intromissione del viceré, ritenendola un’ offesa personale e tramite un sicario fece ammazzare il suo rivale.
Il viceré, venuto a conoscenza del misfatto, fece convocare il Ferrante che non ritenendosi secondo a nessuno, rifiutò di presentarsi .
Questo atto di superbia fu la sua rovina perché il viceré se la legò al dito e gli tolse la dogana di Salerno che era per lui un importante fonte di guadagno, inoltre, lo fece sottoporre a diversi processi e non ultimo tentò di farlo ammazzare da alcuni briganti per cui il Ferrante fu costretto a rifugiarsi ad Avignone dove morì in miseria.
Tutti i beni dei Sanseverino furono confiscati e messi in vendita. Il palazzo di Piazza del Gesù fu acquistato dai Gesuiti che entrati nel palazzo il 5 aprile del 1584 diedero l’incarico all’architetto Valeriano di trasformarlo in una chiesa.
Nel 1595, la trasformazione del palazzo Sanseverino nella chiesa del Gesù Nuovo, che oggi abbiamo la fortuna di ammirare, fu ultimata.
Ritengo doveroso soffermarmi ancora sulla facciata esterna di questo edificio che è stata e continua ad essere il suo punto di maggiore interesse per gli amanti del paranormale e delle scienze esoteriche.
Infatti da questi ultimi, questo edificio è sempre stato considerato un luogo di estremo interesse, fonte di forza energetica, autentica “porta alchemica”. Infatti, le piramidi rivolte verso l’esterno presentano degli strani segni, incisioni fatte dagli scalpellini che avevano sagomato la durissima pietra di piperno. Si suppone che questi segni siano una sorta di messaggio codificato e riconoscibile solo a chi ne possedesse la chiave di lettura.
Infatti già durante il Medioevo vi erano a Napoli confraternite di artigiani organizzate sul modello franco templare che, giunti dal nord Europa, erano particolarmente abili nel lavorare il duro piperno. Si dice che gli intagliatori fossero capaci di caricare la pietra con energia positiva e che custodissero conoscenze di tipo esoterico e che prima di costruire un edificio importante, scegliessero con cura l’area dove edificarlo, secondo riti magici antichi, cercando i punti di forza energetici.
Trovato il luogo, per proteggere la parte dell’edificio a contatto con gli inferi, usavano porre nelle fondamenta alcune monete per placare i morti.
L’architetto Novello da San Lucano, nella costruzione del palazzo si servì di queste maestranze per cui si suppone che gli strani segni incisi ai lati delle bugne “a punta di diamante” sarebbero stati disposti in modo da formare una sorta di “canale energetico”, capace di convogliare tutte le negatività verso l’esterno, preservando il palazzo ed i suoi abitanti.
L’esistenza di queste confraternite a Napoli, con conoscenze esoteriche tramandate in segreto e solo oralmente da maestro ad apprendista, rendono plausibile che il Sanseverino quando commissionò la costruzione del Palazzo abbia chiesto esplicitamente la realizzazione di questa sorta di scudo protettivo contro le influenze malefiche. Si è inoltre ipotizzato che per qualche diabolico piano, queste pietre segnate non furono piazzate secondo il giusto ordine, per cui invece che convogliare all’esterno le energie negative le avrebbero attirate all’interno. Ciò spiegherebbe le tante sventure che nei secoli si sono abbattute sull’edificio: le sventure dei Sanseverino fino alla confische dei loro beni; il devastante incendio del 1639; il crollo della originale cupola dopo un terremoto nel 1688 che, ricostruita, crollò di nuovo per essere poi sostituita con una diversa e più leggera dall’architetto Ferdinando Fuga; l’espulsione della compagnia di Gesù dal Regno di Napoli che vi fece ritorno solo nel 900.
“nfaccia e mure de viche può leggere a storia e sta bella città”